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  Il Sogno di Bruna


      Fumettone d'autore di 64 tavole in b&n a pennello, formato A4

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IL SOGNO DI BRUNA

Dal grottesco al lirismo dostojewskiano, passando attraverso la commedia italiana, questo fumetto d'autore di 64 tavole bianco/nero a pennello, porta a sintesi un pezzo inedito e lasciato in sospeso per circa 30 anni, costituendo un'esperienza che si presentava disgregata, ma in grando di abbracciare dalla tragedia al sublime. Una sintesi che ricostruisce un senso dove tutto sembrava averlo perso. Non si tratta di un'opera, che si voglia d'arte maggiore o minore, né un'opera d'analfabeta, ma di un gesto d'amore, sbocciato al sole di un’intera generazione.


(sintesi della trama)


In una Milano dalle architetture ottocentesche, dimora antica di una corte decaduta e rattoppata, tutta abbarbicata attorno al Duomo in palazzotti cadenti con l'acqua corrente in comune sul ballatoio e lenzuoli che svolazzano in cortile, da cui puoi vedere da ogni punto di vista la Madonnina, si svolge l’avventura anni '70 di un fumettaro bohemien, ingenuo ragazzo-padre, facile da fregare ma come i fiammiferi - solo una volta, e a sua figliolina tutta pepe e intraprendenza, aspettano il ritorno della loro Bruna, che viene impedito da un mix tossico fatto di malintesi dormiveglia, guerre non dichiarate, pseudo amici più velenosi di aspidi e compari dalla spranga facile.


Svoltandola in tragedia, attraverso storie sublimi e disumane, storie di eroina e di avvoltoi, guardie, ladri e anime sante. La narrazione, emozionale e incalzante, costituisce una critica feroce e sghignazzante a certo sinistrume che per distruggersi non ha nemmeno bisogno di avversari, ma anche una sfida ad avversari feroci che dietro le quinte non esitano a perpetrare un vero e proprio massacro facendo calare un livido silenzio di omertà. Strage degli innocenti, che i protagonisti riusciranno ad attraversare grazie ad una narrazione esistenziale che non dispera, ma anzi esalta quella dimensione, umana e grandiosa, semplice e commovente, "da ringhiera" e quotidiana, in grado comunque di aprire la via, laddove l’orizzonte sembrava caduto, alla vita e il futuro.


Milano tradita, Milano "belle époque", Milano scomparsa e inghiottita dalle colate di cemento, insieme ai suoi cortili, le ringhiere, le panchine, col selciato e in mezzo le fontane, quella Milano operaia che in piazza del Duomo aveva il suo piccolo senato tutti i giorni, dove in sottotetti e tuguri si viveva gomito-a-gomito e dove poteva capitare, sul ballatoio di un vecchio quartiere popolare, di dover fare la coda per andare al cesso, in questo tributo poetico trova particolare eco e riflesso. Era una Milano densa, ove i vicini erano di casa e la dimensione umana fungeva da maestra di vita, una città viva, che prima di perdersi, travolta dal traffico dei giorni nostri, ha indicato un futuro, che sebbene non proprio roseo, è promessa di vita. Può avere perfino il gusto di un gelato alle fragoline di bosco!

Vincenzo Jannuzzi

Alcune tavole tratte dal libro:

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